Il sindaco a Gandria (2008)
Un progetto (poi sfumato) del sindaco-architetto, incontestabile sul piano giuridico ma imbarazzante sul piano politico
Il sindaco a Gandria
Le parole del sindaco di Lugano pubblicate dalla «Regione Ticino» mercoledì 18 giugno lasciano allibiti. Il sindaco-architetto, titolare del contestato progetto di quattro palazzine e un autosilo a Gandria, avrebbe detto: «toccava semmai a Gandria rendere il terreno non edificabile, gestire meglio il suo territorio, il problema è di ieri, per Lugano è un’eredità». Da queste affermazioni dovremmo dedurre che il territorio di Gandria è stato (è) gestito male e che sarebbe meglio non edificare quel terreno. Detto da qualcun altro, si tratterebbe di una semplice dimostrazione di buon senso. Detto dalla massima personalità dell’esecutivo di Lugano (di cui Gandria è un quartiere) diventa paradossale: è come riconoscere che Lugano dovrebbe gestire meglio il suo territorio, ma non lo fa. Legittimo, allora, che ad approfittare di queste contraddizioni sia il sindaco-architetto, in veste di progettista («se non sono io sarà un altro a edificare su quel terreno», dice Giudici: «il diritto è diritto»). Sul piano legale Giudici è – come ha confermato anche Tita Carloni sulla «Regione Ticino» del 20 giugno – «in una botte di ferro». Resta però una domanda di natura politica: se sia opportuno che un sindaco sfrutti le lacune, che giudica tali, del piano regolatore della sua città (invece di esporre pubblicamente il problema e cercare soluzioni a vantaggio del bene comune). Forse è da ingenui porre la questione di un eventuale conflitto di interessi tra potere politico e attività privata. Ancor di più, coi tempi che corrono, pretendere un po’ di eleganza. Possiamo semplicemente concludere: questa è la nostra città, questo è il nostro sindaco.
Danilo Baratti, per i Verdi di Lugano
(Il sindaco a Gandria, «La Regione Ticino», 25 giugno 2008, p. 30)
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