Il pensiero compresso e svilito (2021)
Considerazioni sulla compressione degli spazi di riflessione nei media
Il pensiero contratto e svilito
Avevo iniziato, prima di Natale, uno scritto per il CdT che partiva da alcune riflessioni portate a Lugano trent’anni fa da Wolfgang Sachs e che sembrano sempre più attuali. Per esempio: «Man mano che la crisi ambientale ha assunto una portata mondiale, si è assistito parallelamente ad uno spostamento dei suoi valori di riferimento, ed il concetto di ‘sopravvivenza’ si è sostituito a quello di ‘qualità della vita’». O ancora: «l’appiattimento dell’utopia sociale a un mero obiettivo di sopravvivenza si associa alla riduzione dell’ecologia a una mera gestione efficiente delle risorse». Ma in questi giorni ho letto, nella pagina che ospita le opinioni, in un riquadro rosso, che «a partire dal 1. Gennaio sotto la testata l’Opinione verranno pubblicati testi di una lunghezza massima tra le 2’500 e le 2’800 battute». Ho quindi rinunciato a concludere l’articolo, visto che ero già oltre le tremila battute e ancora non mi ero avviato alla conclusione. Finora il termine di riferimento era di 4’300 (e già si era ridotto, dopo il restyling grafico del giornale nell’autunno 2019).
Non mi riconosco certo nella linea politica del giornale, ma ne ho sempre apprezzato la disponibilità ad accogliere pareri diversi e a ospitarli in spazi non angusti e punitivi. Ma ecco che ora lo spazio sarà, per chi scrive “da fuori”, molto stretto (con l’ultima parola già sono arrivato a 1336, e con questa parentesi sono ormai oltre la metà).
Da persona che interviene magari un paio di volte l’anno, ma soprattutto da lettore abituale, trovo che la limitazione annunciata sia deprecabile, perché di fatto toglie la possibilità di articolare compiutamente un pensiero – con il respiro della riflessione – e costringe al respiro corto dell’affermazione perentoria, della dichiarazione non argomentata, dello slogan. Ne risulterà un notevole impoverimento del confronto di idee, ma anche una perdita di interesse del giornale. Proprio in un’epoca in cui i presidenti twittano, in cui l’informazione si consuma gratuitamente in «20 minuti», in cui non c’è più spazio per il ‘parlato’ disteso di una radio culturale, in cui i contenuti tendono a trasmigrare – forzatamente ridotti – sulla rete, in cui tutto è fast e non solo il cibo, la conservazione di uno spazio quotidiano in cui far scorrere frammenti di pensiero argomentato potrebbe essere una scelta pagante per il giornale e appagante per i lettori (che magari non condividono quanto leggono ma ne capiscono meglio le ragioni). Per un’esposizione più o meno compiuta delle proprie opinioni sul «Corriere del Ticino» resterà solo la possibilità di pagine ‘publiredazionali’ a pagamento come quelle che si sono autodefinite «Spazio Libero»? E già siamo a 2’684: meglio chiudere.
Danilo Baratti
(Il pensiero contratto e svilito, «Corriere del Ticino», 4 gennaio 2021, p. 24)
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