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Un pubblico esame di coscienza (2017)

Ricondurre ogni critica alla politica di Israele nell'alveo dell'antisemitismo è una falsità inaccettabile

Un pubblico esame di coscienza

Lo scorso 28 giugno, su queste pagine, Ugo Volli ha ripreso a modo suo un’interrogazione dei Verdi di Lugano a proposito della partecipazione del sindaco di Lugano al recente ‘Swiss-Israel Day’, in cui l’ospite d’onore era Tzipi Livni. Sulla scorta di una recente denuncia fatta in Svizzera, e di precedenti procedure per crimini di guerra aperte in Belgio e nel Regno unito nei confronti dell’ex ministra israeliana, i Verdi hanno chiesto al Municipio se non ritiene che la presenza del sindaco a quell’evento sia stata inopportuna.

Ecco cosa dice in sintesi Ugo Volli: che al mondo ci sono decine di Stati che violano ogni sorta di diritti; che solo Israele è però oggetto sistematico di avversione e subisce «una campagna mondiale di boicottaggio di cui fa parte anche la ‘lawfare’, la guerra giuridica che consiste nel denunciare per inesistenti ‘crimini di guerra’ lo Stato e i suoi alti funzionari»; che la signora Livni, ministro degli esteri all’epoca della campagna ‘piombo fuso’ «non aveva certamente responsabilità dirette nella gestione delle operazione belliche». E infine accusa, neanche tanto velatamente, gli interroganti di antisemitismo.

Critiche al governo israeliano = antisemitismo? Stupisce che un docente universitario di semiotica riprenda questa equazione elementare e demonizzante, così frequentemente utilizzata dai più rozzi polemisti pro-israeliani.

Prima di continuare a commentare l’opinione di Volli, è però bene ricordare che l’oggetto centrale dell’interrogazione era (è) quel presenzialismo spensierato che caratterizza non pochi politici, tra cui anche il sindaco di Lugano. Fosse intervenuto accanto ad Assad, o al re Salman dell’Arabia Saudita, tanto per restare nella regione, la domanda sarebbe stata la stessa. Il fatto è che nessuno ha organizzato uno ‘Swiss-Saudi Day’, magari con ospite d’onore il principe ereditario Mohammed ben Salman, invitando il sindaco. Invece lo ‘Swiss-Israel Day’ c’è stato. Era opportuno, viste le accuse che pesano sull’ex-ministra, che sindaci e consiglieri di Stato vi partecipassero? La domanda è politicamente lecita e di questo bisognerebbe parlare.

Quanto al resto, mi pare che Volli forzi la realtà in più punti, fino a stravolgerla. Sembra che Israele sia vittima di un complotto internazionale e subisca ogni sorta di vessazione, mentre gode semmai di una speciale impunità (si pensi alla costruzione di insediamenti nei territori occupati, e alle forme in cui si esercita il dominio su quei territori, che continuano nonostante le varie risoluzioni ONU...), impunità che ha le sue ragioni geopolitiche, storiche e culturali.

Con un’acrobazia storica e concettuale Volli sostiene poi che, così come nel Medioevo si accusavano gli ebrei di uccidere i bambini cristiani per usarne il sangue nell’impasto degli azzimi pasquali, li si accusa oggi di uccidere i bambini palestinesi: dove l’inconsistenza della prima accusa dovrebbe inficiare la seconda (mentre sappiamo tutti che la morte di innocenti è un ordinario quanto intollerabile ‘effetto collaterale’ delle azioni militari condotte in zone popolate da civili: cosa che vale per gli interventi di Israele nella striscia di Gaza quanto per i bombardamenti di Assad e dei russi in Siria, degli americani in Irak, dei sauditi in Yemen, eccetera eccetera). Dell’accusa di ‘omicidio rituale’ mossa agli ebrei nel Medioevo – che riemerge come un fiume carsico fin dentro il Novecento – ho parlato spesso a scuola, così come di altri capitoli rilevanti della bimillenaria persecuzione del popolo ebraico (tanto da passare, agli occhi di alcuni miei studenti, per un ebreo). Anche per questo il falso sillogismo di Volli mi suona particolarmente fastidioso.

Infine va detto che se la signora Livni non ha avuto «responsabilità dirette nelle operazioni belliche», condivide comunque con il suo governo la responsabilità politica degli eventuali crimini di guerra e contro l’umanità che sono oggetto di esame da parte della magistratura di alcuni paesi (del resto le sue frasi citate nella denuncia presentata al Ministero pubblico della Confederazione lasciano pochi dubbi sulla piena approvazione della durezza di quell’intervento militare). Nell’interrogazione i Verdi non anticipano la conclusione dei giudici, ma si limitano a dire: «La vicenda seguirà il suo corso e vedremo se sfocerà in un’inchiesta e una condanna. Sta di fatto che all’ospite d’onore incontrata a Lugano dai rappresentanti politici regionali sono state mosse accuse pesanti».

Volli chiude il suo articolo invitando gli autori dell’interrogazione a fare «un pubblico esame di coscienza riguardo all’antisemitismo e all’odio per Israele». Eccolo qui, in forma sintetica, il «pubblico esame di coscienza», che potrebbe prendere pagine e pagine. Il nostro sguardo critico sulla politica di Israele non è dissimile da quello dell’ebreo Moni Ovadia o da quello dell’ebreo (e sionista!) Bruno Segre. Che non sono certo antisemiti né nutrono «odio per Israele».

 Danilo Baratti (Verdi di Lugano)

(Un pubblico esame di coscienza, «Corriere del Ticino», 8 luglio 2017, p. 25)

atti parlamentari, CorrieredelTicino, 2017

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