Un emigrante eccezionale (1996)
L'avventura esistenziale di Mosè Bertoni (1957-1929), naturalista bleniese emigrato in Paraguay
Il 31 marzo 1884, da una delle navi che in quegli anni portano in Argentina centinaia di emigranti europei, scendono a Buenos Aires Mosè Bertoni, la madre sessantunenne, la moglie Eugenia (incinta) con cinque figli, e una decina di contadini: con queste persone Mosè vorrebbe fondare il primo nucleo di una colonia socialista. Il bagaglio, una cinquantina di casse, è un'immagine eloquente delle ambizioni del suo progetto: alcune centinaia di libri, sementi per esperimenti di acclimatazione, apparecchi per una stazione meteorologica, materiali per un laboratorio chimico, arnesi tipografici, strumenti per misurare il cranio dei nativi...
"Un calcio alla vecchia Europa"
Cosa spinge questo padre di famiglia, nato a Lottigna 27 anni prima, a «dare un calcio alla vecchia Europa»? Il progetto socialista, discusso con il geografo anarchico Elisée Reclus, non è la motivazione principale, e verrà abbandonato dopo il fallimento del primo tentativo. Decisiva è la convinzione che in Ticino non è possibile realizzare i suoi due sogni: vivere, con una famiglia numerosa, di agricoltura («nel seno della natura») e nel contempo soddisfare una curiosità scientifica che fin dai suoi primi anni di studio si spinge in tutte le direzioni, dalla meteorologia all'egittologia, dalla geografia alla dialettologia, dall'antropologia alla botanica – la specializzazione universitaria in cui arriverà a un passo dalla laurea. Le ristrettezze economiche dei genitori hanno consentito a fatica gli studi di Mosè; l'affermazione di un governo conservatore, in un'epoca di forte esclusivismo politico, compromette fortemente le possibilità di lavoro del padre, avvocato liberale (la partenza di Mosè lo lascerà fortemente indebitato). Le caratteristiche naturali della valle di Blenio e l'eccessivo spezzettamento fondiario ostacolano qualsiasi attività agricola redditizia. Disgustato dal clima politico del paese, frustrato dagli ostacoli che la scarsità di mezzi e di appoggi oppongono alle sue vulcaniche iniziative, a Mosè non resta che cercare «una nuova patria», che «m'assicuri un vitto semplicissimo ma sufficiente, e mi lasci il tempo di darmi alle mie occupazioni predilette. Questo non può essere ottenuto che col mezzo di una colonia agricola, in un paese vergine e libero, nella zona calda».
Una nuova patria
«Sognavo una nuova patria, a cui dedicare buona parte della mia vita». La nuova patria definitiva sarà il Paraguay. Dopo una serie di disavventure, in Argentina avrebbe occasione di dedicarsi all'insegnamento universitario: ma Mosè odia la città, e nel 1893 ha scoperto sul fiume Paraná il sito che diventerà Puerto Bertoni, non lontano dalle cascate dell'Iguazú. Il Paraguay è il paese dove potrebbero realizzarsi tutti i suoi sogni: vivere nella natura, alla testa di una colonia di famiglia che dovrebbe ampliarsi con nuovi coloni e prosperare con l'arrivo della ferrovia, e dedicarsi da pioniere alla ricognizione scientifica della flora e delle risorse del paese. Nel 1896 fonda e poi dirige fino al 1905 la Scuola nazionale di agricoltura, nella quale si formano i primi agronomi paraguaiani: il paese si sta orientando verso la promozione dell'agricoltura e Mosè dà un contributo importante alla divulgazione agronomica anche con la «Revista de agronomía» (1897) e con la pubblicazione nel 1901 di quella che resterà la sua opera più nota e apprezzata fino ai giorni nostri dalla popolazione paraguaiana: l' «Almanaque agricola» (poi ampliato e riedito col titolo di «Agenda y mentor agrícola»). Dal 1902 pubblica gli «Anales científicos paraguayos», nel 1907 affianca alla stazione meteorologica una stazione agronomica: Puerto Bertoni comincia a diventare meta di visite turistiche. Principale espositore paraguaiano all'Esposizione internazionale di agricoltura di Buenos Aires nel 1910, è acclamato alla Conferenza scientifica internazionale di Montevideo del 1913 per i suoi contributi alla lotta contro insetti e malattie delle piantagioni tropicali. I suoi studi sui guaraní, benché oggi superati, hanno un'importanza decisiva nel rivalutare e nobilitare la componente indigena della cultura paraguaiana: con essi Mosè ottiene un vero trionfo personale al Congresso internazionale degli americanisti di Rio de Janeiro nel 1922, in cui pronuncia il discorso di chiusura prospettando un nuovo orizzonte di fraternità universale sulla base del meticciato. Poco prima del congresso esce dai torchi della tipografia Ex Sylvis, nella foresta sulle rive del Paraná, il primo volume della «Civilización guaraní».
Avversità naturali
Se questo elenco, molto parziale, dei suoi successi, può dare l'idea di un uomo che realizza i suoi sogni più ambiziosi, la storia della sua vita è però anche quella di una serie di sconfitte; quella degli ultimi anni è un crescendo di disillusioni che assumono le dimensioni di una tragedia. Ci sono, per cominciare, le avversità naturali. Nei difficili anni argentini, in cui muore la figlioletta Ines, perde in un'inondazione l'erbario a cui aveva lavorato per dieci anni; un secondo erbario viene distrutto qualche anno dopo. Sorprese sgradevoli sono sempre in agguato: nel 1914, al suo rientro dalla capitale, scopre che termiti e formiche hanno nidificato nel terzo erbario, insetti e topi hanno danneggiato altre collezioni scientifiche. La gelata del 1918 compromette tre anni di produzione della colonia.
Speranze e delusioni
La tratta ferroviaria che doveva collegare Asunción al Brasile passando per Puerto Bertoni, nella quale aveva riposto tante speranze, non viene mai realizzata. Nel 1914 comincia a farsi sentire la crisi economica e una perversa legge sul commercio fluviale rende quasi impossibile lo smercio della produzione di Puerto Bertoni per oltre dieci anni. Le frequenti guerre civili aggravano periodicamente il problema cronico della scarsità di manodopera.
I progetti di colonizzazione, da quello originario socialista a quelli successivi con laboriosi coloni europei o giapponesi, restano solo sogni, e la colonia Guillermo Tell rimane una colonia di famiglia. Una famiglia numerosa, come Mosè aveva sempre desiderato: ai cinque figli nati in Europa (Reto Divicone, Winkelried, Vera Zasulič, Sofia Perovskaja, poi detta Helvecia, e Ines), si aggiungono Inés II, Moisés, Guillermo Tell, Aurora, Walter Fürst, Werner Stauffacher, Linneo e Aristóteles. Mosè li avrebbe voluti tutti al suo fianco, con generi, nuore e nipoti a lavorare la terra e a collaborare alle sue molteplici iniziative scientifiche, per onorare il nome della famiglia e della patria adottiva. Ma la patria adottiva si rivela un'ingrata matrigna, e la famiglia si disgrega progressivamente.
La tragedia finale
I governi paraguaiani, generosi e riconoscenti a parole, sono del tutto inadempienti nei fatti. Mosè non vuole diventare un borghese paraguaiano ricco e potente. Detesta la politica e la città. Vuole vivere a Puerto Bertoni, lavorando la terra, sorvegliando le osservazioni meteorologiche, la stazione agronomica; arricchendo le collezioni botaniche, geologiche, etnografiche; continuando i suoi studi sulla cultura guaraní per far conoscere al mondo l'elevatezza spirituale e sociale degli indigeni; fornendo consulenze scientifiche, agronomiche e mediche a privati e enti pubblici di tutto il mondo; vuole infine pubblicare l'immenso materiale che va accumulando. Per queste pubblicazioni spera sempre di poter riscuotere le sovvenzioni che lo Stato gli ha accordato. Ma i governi paraguaiani continuano a promettere e a non pagare: o perché travolti da una guerra civile o da una crisi economica, o perché non in grado di capire davvero l'importanza della sua opera. Mosè deve nascondere i figli senza scarpe e lo sfacelo di Puerto Bertoni ai visitatori, mentre è opinione comune che egli viva lautamente sovvenzionato dallo Stato.
I figli se ne vanno. Alcuni per sottrarsi al patriarca e seguire una carriera scientifica autonoma. Il promettente Linneo muore a quindici anni. Gli ultimi sono costretti ad andarsene per la rovina economica di Puerto Bertoni.
«Resto senza successori né collaboratori, né figli né nipoti...» scrive nel febbraio del 1929.
Mosè muore a Foz do Iguaçú il 19 settembre 1929, senza sapere che la moglie Eugenia era morta, tre settimane prima, a Encarnación.
In una delle sue ultime tragiche lettere constata «lo spettacolo del crollo di tutti i miei ideali, della rovina dei miei affetti, della disillusione atroce, multipla, quasi totale». Eppure qualche mese prima di morire studia un rilancio di Puerto Bertoni con una produzione di erbe medicinali, basata sul recupero delle conoscenze mediche guaraní. Anche in quest'ultimo slancio – ed è ormai un vecchio malato, avvilito e solo – ritroviamo tutto intero Mosè Bertoni. E questa sua tenacia indomabile, che per tutta la vita e fino all'ultimo gli consente di riprendersi da ogni disfatta con nuovi progetti, magari ancora più ambiziosi dei precedenti, è senza dubbio una componente essenziale del fascino e della grandezza di questo personaggio.
L'eredità
Cosa rimane oggi di tanta operosità? Innanzitutto una quantità impressionante di pubblicazioni: oltre 500 tra saggi e articoli. Si va dai tre volumi della «Civilización guaraní» agli articoli sulle malattie del caffè, dagli almanacchi per gli agricoltori al primo studio sulla geologia del Paraguay, dal dizionario botanico latino-guaraní alle riflessioni sull'odio razziale. Materiale oggi in parte superato, ma di grande interesse per la storia della scienza e della scienza applicata nel Paraguay e nell'America latina. I lavori rimasti inediti a causa delle varie difficoltà, soprattutto economiche, sono forse altrettanti. Della monumentale opera enciclopedica «Descripción física, económica y social del Paraguay», che sarebbe dovuta uscire in una ventina di volumi, ha potuto pubblicare sì e no un quarto.
Dopo la sua morte la maggior parte dei manoscritti scientifici è andata perduta. Miglior fortuna ha avuto l'archivio personale di Mosè, rimasto fino al 1992 nello studio di Puerto Bertoni. In parte danneggiati dall'umidità e dagli insetti, questi documenti – lettere, appunti, contabilità – sono stati catalogati dall'Archivio di Stato di Bellinzona nel 1996 e quindi riconsegnati al Paraguay: oggi sono depositati all'Archivio nazionale di Asunción (ma consultabili anche a Bellinzona in microfilm). Molti altri documenti, soprattutto lettere ai parenti, erano già conservati in Svizzera e si trovano nel Fondo Bertoni dell'Archivio di Stato.
Poi c'è la biblioteca di Puerto Bertoni. Non sono più i 12 mila volumi di cui si parlava nel 1920, ma si tratta pur sempre di migliaia di volumi e riviste provenienti da tutto il mondo, testimonianza del lavoro di Mosè e della produzione scientifica del tempo. Quel che rimane della biblioteca è oggi conservato nella capitale paraguaiana.
Infine c'è la casa, oggi trasformata in un piccolo museo didattico, dove sono esposti alcuni oggetti che testimoniano il lavoro quotidiano dello scienziato bleniese (una scrivania, una macchina per scrivere, strumenti di misurazione, ossa di animali...) ma anche il mondo degli affetti (un modellino di nave, una statuina di Guglielmo Tell...). Nei pressi della casa, un piccolo cimitero conferma la reale esistenza fisica dei personaggi che sembrano usciti da un romanzo latinoamericano: Mosè Bertoni, la madre Giuseppina, Linneo...
Ancora nei primi anni del nostro secolo continuavano a funzionare, alla periferia di Asunción, le arcaiche macchine tipografiche che avevano stampato, molti decenni prima, i libri delle edizioni Ex Sylvis, e con loro riviveva qualcosa di quell’incredibile centro di ricerca in piena foresta.
(Patrizia Candolfi e Danilo Baratti, Un emigrante eccezionale, «Partenaires» n. 144, maggio 1996, edizione speciale in italiano della rivista della ONG Helvetas (pp. 8-11 del dossier Dalla val di Blenio al Paraguay: Mosè Bertoni, pubblicato anche in versione tedesca e francese su «Partnerschaft» e «Partenaires»: l’articolo è stato rivisto nel 2018 con un paio di aggiornamenti nell’ultimo paragrafo e con l’aggiunta delle indicazioni bibliografiche).
Per saperne di più:
- Danilo Baratti e Patrizia Candolfi, L'Arca di Mosè. Biografia epistolare di Mosè Bertoni, 1857-1929, Casagrande, Bellinzona 1994.
- Danilo Baratti, Fare libri nella selva. Mosè Bertoni e la tipografia ex Sylvis (1918-1929), con la collaborazione di Fabio Casagrande, Bellinzona, Casagrande 1999.
- Mosè Bertoni e la Stevia, a cura di Tarcisio Cima, «Voce di Blenio», marzo 2017 (dossier n. 40).
- Danilo Baratti e Patrizia Candolfi, Sull'Oceano con De Amicis. Mosè Bertoni, l'italiano, gli italiani, «Il Cantonetto», giugno 2017, pp. 12-24.
- Danilo Baratti e Patrizia Candolfi, Dalle Alpi al Paraná. Vita e opere di Mosè Bertoni, emigrante bleniese in Paraguay, Casagrande, Bellinzona 2021.
- www.mosebertoni.ch
1996, Partenaires, MosèBertoni, PatriziaCandolfi, Americalatina
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