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Dopo l'ora in più (2004)

Due interventi seguiti all'aumento di un’ora-lezione dell’orario settimanale dei docenti cantonali

Due interventi scritti dopo l’approvazione (54,8% di sì) della modifica della Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti che ha aumentato di un’ora-lezione l’orario settimanale dei docenti (16 maggio 2004).

 Una dignitosissima sconfitta

E così lavoreremo un paio d'ore in più a parità di stipendio (i famosi 45 minuti di Gendotti). L'accettazione popolare del provvedimento era scontata: i pregiudizi nei confronti dei docenti, coltivati subdolamente durante la campagna, sono troppo radicati tra «la gente» (che potrebbe almeno chiedersi come mai gli avvocati che la manovrano non abbiano scelto – insieme a ingegneri, medici, dirigenti di banca, imprenditori, ex sindaci cumulatori di cariche direttive pubbliche e private, eccetera – di passare allegramente la loro vita nella scuola, tra una vacanza e l'altra).

Mi ha però stupito la grande percentuale di no. Al lancio del referendum pochi avrebbero immaginato un risultato simile (e molti, pur ritenendo giusta la causa, erano convinti di andare incontro a un disastro dalle gravi conseguenze). Se le cose sono andate così bene, se una parte notevole dell'opinione pubblica ha capito la reale condizione dell'insegnante, bisogna ringraziare tutti coloro che negli ultimi mesi si sono dati da fare indefessamente per illustrare la natura e le difficoltà del nostro lavoro. Non ho avuto un ruolo particolarmente attivo in questa campagna difficile e imbarazzante. Proprio per questo penso di potermi fare portavoce di tutti nel dire grazie a chi ha preparato materiale informativo, organizzato riunioni, promosso incontri, scritto lettere, sostenuto dibattiti (in un periodo di correzioni, consigli di classe per i giudizi, incontri con genitori di allievi in difficoltà...). Il ringraziamento va naturalmente esteso a genitori, studenti, giornalisti che hanno dato il loro contributo a questa dignitosissima sconfitta.

Approfitto per chiedere pubblicamente ai colleghi che insegnano italiano un piccolo sacrificio supplementare che tornerebbe di qualche utilità al Paese: offrire a turno un'ora di lezione settimanale (più preparazione e correzioni) all'avvocato Gendotti, affinché il ministro della cultura possa familiarizzarsi con il congiuntivo (e con qualche altra regoletta linguistica). Il condizionale, almeno nella sua essenza, l'ha già imparato dai referendum.

Danilo Baratti, docente, Soragno

(Referendum docenti, dignitosa sconfitta, «Area», 28 maggio 2004, p. 2; «La Regione Ticino» avrebbe pubblicato la lettera senza l’ultimo paragrafo)

 

L'imbarbarimento del dibattito politico

Viviamo tempi incerti e dovremmo essere pronti a tutto. Eppure capita ancora di restare di sasso. A me è successo giovedì 14 ottobre, leggendo sulla prima pagina della Regione Ticino questo passaggio dell'avvocato Gendotti, ralativo al «consenso costruito attorno alla manovra di risanamento finanziario»: «certo, la cordata non ha ancora raggiunto la vetta e ora è il momento degli sfoghi delle forze estreme, di quelli cioè che vivono di scontri (...) di quelli che si lamentano degli sgravi fiscali dei quali hanno approfittato a piene mani (penso ai famosi doppi redditi all'interno dello Stato, tanto per fare un esempio)». Già definire «forze estreme» chi semplicemente tenta di dichiarare il proprio dissenso è indice di una concezione bizzarra della politica e del dibattito politico. Mi pare poi che chi oggi si lamenta dell'effetto perverso degli sgravi fiscali si opponesse anche prima a quegli sgravi. L'insinuazione «a piene mani» è quindi perlomeno scorretta (e vorrei dire palesemente disonesta): quelle persone avrebbero preferito pagare le tasse come prima, e soprattutto che continuassero a pagarle anche i veri beneficiari degli sgravi. Gli impiegati statali stanno strapagando gli sgravi di cui avrebbero (più di altri!, lascia intendere Gendotti) beneficiato. Quanto all'esempio dei «famosi doppi redditi» (mi sento un po' chiamato in causa, perché in due totalizziamo un 112,5 percento), vorrei proprio sapere dove o chi vuole colpire il nostro Capodipartimento. Certo l'argomento è popolare (se poi si tratta di docenti, sappiamo – come ha detto un deputato leghista – che non guadagnano neppure l'acqua che bevono, e che due assieme rubano più di uno: «a piene mani»). Lo stesso, non riesco a capire. Altre uscite infelici dell'avvocato Gendotti possono essere attribuite alla sua palese lontananza dal mondo della scuola. Ma qui siamo su un altro terreno, quello dell'esercizio della «cittadinanza»: siamo di fronte a un esempio di imbarbarimento del dibattito politico, che non si manifesta solo con le sparate triviali alla Bignasca. E come posso io «educare alla cittadinanza» gli studenti, come sarei tenuto a fare, quando il Capo del Dipartimento se ne esce con argomentazioni di questa natura?

Danilo Baratti, docente

(L’imbarbarimento del dibattito politico, «La Regione», 20 ottobre 2004, p. 4)

LaRegione, Area, 2004, scuola

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