Un gioco pericoloso (2014)
Sul sostegno di parte dei Verdi all'iniziativa UDC «Contro l'immigrazione di massa»
Un gioco pericoloso
In queste settimane non ho incontrato nessuno che difendesse l’iniziativa UDC «Contro l’immigrazione di massa». Ma questa è semplicemente un’ulteriore prova di una condizione un po’ defilata e marginale: di fatto mi è capitato di parlarne solo con poche persone che frequento regolarmente, e con le quali condivido almeno a grandi linee una visione del mondo. So però benissimo che molte altre persone, non necessariamente xenofobe, sostengono l’iniziativa. Tra queste, e la cosa ha fatto parecchio discutere, anche la maggioranza dei vertici verdi. Conoscendo un po’ l’ambiente dall’interno, quando ho letto quella presa di posizione sono rimasto dispiaciuto ma non particolarmente sorpreso o disorientato. Direi quasi che era nell’aria. Quando quella decisione è stata presa non facevo più parte del comitato cantonale, ma posso immaginare facilmente quali considerazioni abbiano pesato, in parte riprese più tardi nel pubblico dibattito. Ci tornerò, dopo una divagazione solo apparente.
Domenica ho assistito a una toccante riunione di parenti e amici di un ex profugo cileno, morto nel suo paese d’origine, in cui era tornato dopo aver passato un trentennio in Ticino, dove aveva ricevuto asilo politico. Vari interventi ne hanno messo in rilievo la generosità verso il prossimo, la straordinaria capacità di accoglienza (la sua frequentatissima casa era veramente aperta, a qualsiasi ora, per chi aveva bisogno), il suo impegno per il diritto d’asilo, la sua caparbietà nel difendere i diritti dei lavoratori. E anche la sua autoironia, l’allegria contagiosa, e tante altre cose. Si chiamava Julio Silva. Se fosse stato qui, ha detto a un certo punto uno degli intervenuti, che l’aveva ospitato nel 1974, al suo arrivo, avrebbe combattuto con tutte le sue energie contro questa iniziativa. È vero: Julio si sarebbe fatto sentire. Sembri pure un artificio retorico, ma è in quel momento che ho pensato di scrivere questo testo.
Si sostiene che questa iniziativa sia uno strumento idoneo, o almeno utile, per risolvere i problemi del mercato del lavoro in Ticino, stravolto dagli effetti perversi della libera circolazione. Lo spostamento dell’attenzione sulla dimensione regionale dà un’aura di ragionevolezza all’iniziativa, e nella perfida propaganda dei favorevoli, chi vi si oppone diventa di volta in volta un corresponsabile della disoccupazione dei giovani ticinesi, un’anima bella che asseconda il dumping salariale, un ingenuo che fa il gioco dei padroni che abbassano il costo del lavoro assumendo manodopera frontaliera. Ma vedere l’iniziativa solo come il grimaldello (e forse qui ci starebbe meglio piede di porco) che permetterebbe di ridiscutere gli accordi di libera circolazione, è veramente fuorviante e pericoloso. Così come il rallegrarsi del fatto che l’appoggio dei verdi ticinesi all’iniziativa abbia fatto parlare anche oltralpe della particolare situazione del nostro mercato del lavoro. Si finisce per negare la natura apertamente xenofoba e propagandistica di questa iniziativa, che serve all’UDC in primo luogo a profilarsi e mantenere alta la tensione. Giustamente questa iniziativa non si chiama «Salviamo il lavoro in Ticino», ma «Contro l’immigrazione di massa»: e mette assieme, nello stesso calderone, frontalieri, permessi di dimora e domande d’asilo (perché è quello che è: un’iniziativa anti-stranieri). Mi disgustano le intenzioni degli iniziativisti UDC e mi disgustano anche le adesioni tattiche all’iniziativa, siano esse sinceramente motivate dall’intenzione di far emergere un problema reale, siano invece dettate da opportunistiche scelte di visibilità partitica (sul piano contabile, con l’aria che tira, probabilmente paganti). Lo so, il disgusto non è una categoria attinente alla dimensione della politica pragmatica. Ma qui siamo di fronte a una proposta intesa non a risolvere problemi specifici (come vorrebbero i suoi sostenitori “anomali”) ma ad agitare spettri. Chi voterà questa iniziativa illudendosi di aiutare il disoccupato ticinese a trovare lavoro finirà invece per aiutare la destra populista ad ammorbare ulteriormente il clima politico.
Danilo Baratti, Soragno
Immigrazione, un gioco pericoloso, «Corriere del Ticino», 29 gennaio 2014
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