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Zolle. Sorvegliati speciali (2003)

Polizia e anarchici in Ticino all'inizio del Novecento

«Zolle» era una trasmissione divulgativa di Rete Due, legata alla Svizzera italiana, che presentava un tema diverso ogni settimana, distribuito su cinque brevi interventi di 5-6 minuti. Questa serie è andata in onda nell’aprile 2003.

Sorvegliati speciali: polizia e anarchici in Ticino all'inizio del Novecento

A cavallo tra Otto e Novecento dilaga anche in Svizzera la paura degli anarchici. In Ticino sono vi sono, in questo periodo, molti anarchici italiani, profughi e lavoratori. L'occhio della polizia li segue implacabilmente.

[Ce ne parla lo storico Danilo Baratti]

1. Lunedì. Le leggi contro gli anarchici

Le ultime ore e la decapitazione di Sante Caserio», canta Giovanna Daffini)

Sono molti i canti che raccontano di Sante Caserio, l’anarchico italiano che il 24 giugno del 1894 uccide a Lione, con una pugnalata, il presidente francese Sadi Carnot. Benché Caserio abbia agito da solo, il governo italiano fa approvare al Parlamento leggi sull’ordine pubblico volte a perseguire penalmente gli anarchici e l’opposizione di sinistra in generale, con pesanti limitazioni della libertà di espressione e di associazione. Centinaia di anarchici e presunti tali vengono deportati sulle isole, altri scelgono le vie dell’esilio. Tra questi il noto avvocato Pietro Gori, che si rifugia a Lugano. Le pressioni delle autorità diplomatiche italiane spingono il Consiglio federale a decretare l’espulsione dalla Confederazione di Gori e di altri anarchici. Nasce qui la celebre «Addio Lugano Bella», scritta in carcere dallo stesso Gori.

(«Addio Lugano bella», prima strofa, coro dello spettacolo «Bella Ciao»)

La psicosi antianarchica raggiunge però il culmine nel 1898, dopo l’attentato di Luigi Luccheni all’imperatrice d’Austria: il 10 settembre, a Ginevra, l'anziana imperatrice è pugnalata a morte. Due mesi dopo il governo italiano organizza a Roma una Conferenza internazionale, con l’intento di promuovere un’azione comune contro il pericolo anarchico. Molti paesi hanno già introdotto leggi eccezionali contro gli anarchici. Anche la Svizzera, quattro anni prima, sottoposta a forti pressioni internazionali aveva adottato una legge speciale sui reati anarchici. Il Consiglio federale approva le risoluzioni finali della Conferenza di Roma con una dichiarazione unilaterale segreta (per evitare di sottoporla alle Camere), amplia le competenze del Ministero pubblico della Confederazione e istituisce dei rapporti mensili internazionali sugli anarchici. Ha così inizio, alla fine del 1898, la schedatura sistematica.

Proprio nella primavera di quell'anno molti anarchici e socialisti italiani hanno cercato rifugio in Svizzera, dopo che manifestazioni popolari di protesta per l’aumento del prezzo del pane, in larga misura spontanee, vengono affrontate come un complotto rivoluzionario. Lo stato d'assedio è proclamato in molte località, e a Milano le truppe del generale Bava Beccaris intervengono sparando sulla folla inerme, facendo cento morti e centinaia di feriti. I leader di tutta la sinistra sono braccati o in prigione. I fatti di Milano, che come ho appena detto spingono in Svizzera molti italiani, sono ricordati in un noto canto sociale, «Il feroce monarchico Bava», riproposto recentemente anche da Francesco de Gregori e Giovanna Marini. Qui lo sentiamo interpretato da Sandra Mantovani.

(«Il feroce monarchico Bava», canta Sandra Mantovani, tutta)

 

2. Martedì. La sorveglianza

(«Il feroce monarchico Bava», prima strofa)

Dal 1898 inizia, in Svizzera, la schedatura sistematica degli anarchici; da allora le informazioni sulle loro attività, vere o presunte, si incrociano a ritmo serrato. Il Ministero pubblico della Confederazione invia regolarmente circolari alle polizie politiche cantonali, segnala presenze sospette, chiede informazioni. I funzionari di polizia locali informano l'autorità cantonale che a sua volta passa le informazioni al Ministero pubblico. Dal canto loro i consolati italiani e la Legazione italiana in Berna muovono sul territorio elvetico i propri informatori e fanno continue pressioni sull'autorità svizzera affinché espella i segnalati.

In occasione di viaggi di re o capi di governo la sorveglianza si intensifica. Circolari del Ministero pubblico invitano le polizie cantonali a segnalare eventuali spostamenti di anarchici o di presunti tali. Ciò avviene, per esempio, in occasione di una visita dello zar in Francia (settembre 1901), del viaggio del re d'Italia a Parigi (dicembre 1903), di un viaggio dell'imperatore d'Austria (agosto 1905), della visita del re di Spagna a Berlino e Vienna (1905), della partecipazione del re d'Italia all'inaugurazione della galleria ferroviaria del Sempione (aprile 1906). Anche in occasione delle grandi manovre militari italiane in Val d'Ossola dell'agosto 1907 il Ministero pubblico invita a controllare gli anarchici residenti in Svizzera e a informare tempestivamente il prefetto di Novara. L'ossessione degli attentati anarchici contro ricchi e potenti porta a controllare qualsiasi attività svolta nelle vicinanze di un possibile bersaglio. Significativa di questo clima è la richiesta che il Ministero pubblico della Confederazione invia al governo ticinese il 17 giugno 1907:

Attualmente lavorano alla costruzione dell'Hôtel “Regina” a Varese, a due passi dalla villa della duchessa di Genova, dieci ticinesi. Le autorità italiane desiderano sapere se tra loro vi sono anarchici o individui malfamati.

Per la tranquillità della duchessa di Genova, i dieci gessatori ticinesi risultano «di condotta regolare e non appartenenti al partito anarchico».

La polizia e i confidenti prezzolati dal Ministero degli esteri italiano si infiltrano spesso anche nelle piccole riunioni tenute in case private. L'infiltrazione è facilitata dall'instabilità di questi gruppi, col continuo viavai di lavoratori e profughi italiani. Ecco quanto riferisce il 2 maggio 1903 il commissario di governo del distretto di Lugano:

Gli anarchici residenti in Lugano tennero ieri riunione al Molino Nuovo presso Giuseppe Arganini ed alla sera si sono recati presso certo Armando Romeo Puccini fu Francesco, operaio, di Pontedera, nel viale Landriani No. 100, casa del Sig. Giovanni Selm, arrivato qui da un mese circa. A quel convegno parteciparono Gelli Luigi, Arganini Giuseppe, Marracini Manrico e figlio Laborio, Ghezzi Lodovico, Balbi Marco, Rossi Antonio [...] ed inoltre il giovane Carlo Bossi di Giuseppe, domiciliato a Lugano. Arganini fece l'apologia dell'assassinio di Re Umberto a Monza e cantò una canzone anarchica la quale finisce “volesti sangue (alludendo ai fatti del maggio 1898 in Milano) e sangue avrai...”. Maraccini Manrico prendendo il bicchiere in mano gridò “Evviva il 29 luglio” (epoca dell'uccisione di Re Umberto) ed i compagni risposero evviva, esclamando “e presto anche suo figlio”.

Quasi nulla sfugge alla spia, che registra ogni parola pronunciata dai suoi sorvegliati. Consegnando il suo rapporto scritto non ci dà però indicazioni sulla melodia. Purtroppo non è più possibile ricorrere a Roberto Leydi per identificare la canzone, e allora possiamo concludere con una strofa che, sull'aria di «Addio, Lugano bella», fa pure riferimento a Umberto Primo, ucciso con tre colpi di rivoltella dall'anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio del 1900.

(«Vittorio Emanuele figlio di un assassino», canta Antonio Failla)

 

3. Mercoledì. Conferenze

Le numerose conferenze di propaganda anarchica, tenute solitamente in osterie e ristoranti, spesso da oratori italiani, sono seguite attentamente da zelanti informatori. Nell'estate del 1904 Libero Merlino, figlio del noto anarchico Francesco Saverio Merlino, tiene tre conferenze a Lugano, Bellinzona e Biasca. Puntualmente arrivano all'autorità cantonale ticinese tre resoconti. Ecco quello redatto a Lugano:

Mercoledì sera nel ristorante Fioratti in Piazza Funicolare, Libero Merlino tenne la sua annunciata conferenza avanti un uditorio d'un centinaio di persone (socialisti ed anarchici). Combatté oltre che il militarismo, borghesia e capitale, il parlamentarismo di niun'altro occupato a fabbricar leggi a favore della borghesia. Criticò i socialisti che tendono ad entrare in parlamento facendo con ciò il giuoco della borghesia, e questa allusione provocò le proteste d'una parte dei presenti. Inneggiò alla soppressione della proprietà privata non per arricchire gli anarchici, ma per costituirla proprietà comune. Fece caldo appello alla perseveranza nella lotta contro le classi dirigenti, militarismo, borghesia e parlamentarismo, che si sostengono a vicenda, terminando con un rapporto della loro idea con un gran castello posto in riva al mare, il quale dopo aver sfidato per molto tempo l'imperversare della bufera, le proprie fondamenta corrose a poco a poco dalle onde, che venivano ad infrangersi contro, finì per crollare miseramente. Così sarà della loro idea ed opera se sarà unita e perseverante.

Il rapporto evidenzia capacità di comprensione e di scrittura oggi poco comuni non solo nei rapporti di polizia, ma anche nelle cronache giornalistiche e nei lavori degli studenti di una scuola media superiore.

Il giorno dopo Merlino parla alla birreria Gambrinus di Bellinzona. Ancora una volta ci troviamo di fronte a una buona sintesi poliziesca che permette di seguire il filo delle argomentazioni, in un italiano a tratti fiorito, certamente influenzato dallo stesso oratore. 

Il conferenziere esponeva la situazione attuale sulla quale trovasi l'operaio di fronte al grande partito borghese il quale racchiude nei propri scrigni le fatiche dei poveri operai costretti a lavorare da mane a sera nelle Officine e nei campi. Il partito socialista Anarchico è nato invece per istruire l'operaio e proteggerlo contro coloro che lo sfruttano e non per spargere sangue come una grande parte degli uomini lo credono. Il nostro partito vuole quella libertà che a noi attualmente ci è negata, cioè una libertà umanitaria e non antiumanitaria come l'ànno i governi attuali. Criticava altresì i governi che colla violenza strappano dalle loro famiglie migliaia di vite per condurli nelle caserme e privarli di quella libertà che gli è dovuta. Nel chiudere la propria conferenza il conferenziere annunciava che prima che gli cadesse la bianca brina sul capo ritornerà ancora, sperando di trovar compiuta l'opera del suo programma.

In questi stralci di verbali, frutto della disciplinata sorveglianza delle forze di polizia, sono ben riassunti alcuni tra i temi toccati dagli oratori anarchici. Questa forma di propaganda, la pubblica conferenza, era davvero intensa. Si pensi che in quel periodo il celebre anarchico svizzero Luigi Bertoni teneva 60-100 conferenze all'anno in ogni angolo della Svizzera.

 

4. Giovedì. Primo maggio (e teatro)

(Giuseppe Verdi, «Nabucco», introduzione strumentale)

Gli anarchici italiani in Ticino presentano anche opere teatrali di propaganda: per esempio nel febbraio del 1903 a Massagno presso Lugano è in cartellone «Senza patria» di Pietro Gori e nel luglio dello stesso anno «Il primo maggio», sempre di Gori. Attori sono gli stessi anarchici che vivono in città, e le rappresentazioni sono seguite attentamente dalla polizia: «senza Patria» è definita dal rapporto poliziesco «un'apologia dell'Anarchia». Forse durante la recita luganese del bozzetto drammatico «Primo maggio», rappresentato con grande successo in tutti i paesi di immigrazione italiana, anche il poliziotto si è trovato a canticchiare il popolare motivo dell'«Inno del Primo Maggio», composto da Gori sull'aria del Nabucco di Verdi (qui cantato da Teresa Viarengo Amerio):

Vieni o Maggio t’aspettan le genti/ ti salutano i liberi cuori

dolce Pasqua dei lavoratori/ vieni e splendi alla gloria del sol...

Anche sullo svolgimento della «Dolce pasqua dei lavoratori» siamo spesso accuratamente informati dalla polizia, particolarmente attenta agli anarchici, più imprevedibili e temuti dei socialisti. Dopo che la Seconda internazionale aveva proclamato la giornata di lotta del Primo maggio, il congresso anarchico di Capolago del 1891 aveva affermato la necessità di cogliere l’occasione di quella giornata per imprimere al movimento internazionale un «carattere quanto più possibile rivoluzionario», proclamando ovunque possibile uno sciopero generale. La ricorrente polemica anarchica nei confronti dei socialisti, accusati di voler tradire lo spirito della giornata di lotta trasformandola in un innocuo rituale festivo è presente in una riunione luganese del 2 maggio 1903, attentamente seguita da una spia della polizia:

Ghezzi Lodovico fece un discorso sul Primo Maggio dicendo che è giornata di festa solo per gli operai incoscienti che sono vittime del socialismo, che sono pecore che si lasciano guidare da chi con conferenze li conduce alla rovina e che all'operaio bisogna fargli invece comprendere che tutto ciò che produce è suo e non d'altri. Gelli dice che tutti gli operai sono asini da soma che non conoscono la loro forza ed intelligenza e bisogna distoglierli dai loro capi che facendo il vagabondo colle loro conferenze vivono alle loro spalle e bisogna quindi convincerli alle idee anarchiche. Maraccini legge indi un ordine del giorno nel quale parla della borghesia, dei vili governi, della siberia, delle galere, che verrà pubblicato in qualche giornale anarchico, che ora non si sa quale. Venne distribuito un foglio stampato alla macchia «Il 1. Maggio dei socialisti e la borghesia» che deve essere stato scritto da Maraccini.

Ancora una volta lo storico, pur non condividendone l'agire, deve lodare la sobria precisione dell'informatore.

Nelle manifestazioni del Primo maggio della Lugano di inizio Novecento ritroviamo, nelle descrizioni poliziesche, le classiche componenti della giornata che si sono affermate in Italia, «il corteggio», la «passeggiata campestre», la musica e, naturalmente, le bandiere o altri contrassegni per indicare l’identità specifica dei partecipanti. Nel 1904 la polizia riferisce che «il cartello di maggiori dimensioni porta l’indicazione “circolo socialista anarchico Germinal” ed è accompagnato dalla bandiera nera a piccoli nastri rossi». Particolarmente preoccupate delle relazioni diplomatiche con le autorità italiane, le autorità federali, sempre nel 1904, sollecitano per telegrafo la polizia luganese. Pare che nel corteo del Primo maggio si siano viste scritte sconvenienti. Gli agenti luganesi confermano la presenza di «un cartellino rosso a caratteri bianchi, fissato su d'un’asta portata da un ragazzo colla inscrizione “abbasso il parlamento italiano”». Nessun dettaglio sembra sfuggire ai solerti sorveglianti.

(Inno del Primo maggio)

 

5. Venerdì. I fatti di Lugano

Questa serie di «Zolle» si conclude con un fatto accaduto a Lugano il 19 settembre del 1904. Quella sera si tiene in Piazza Castello un affollato comizio contro il governo Giolitti. Sono i giorni del primo sciopero generale nazionale della storia italiana, proclamato dalla Camera del lavoro di Milano in seguito a sanguinosi interventi in Sardegna e Sicilia contro i lavoratori in agitazione: 3 morti e 20 feriti in Sardegna, 2 morti e 10 feriti in Sicilia. A Lugano si ritrovano in piazza più di 600 persone, in prevalenza italiani. Prendono la parola oratori anarchici e socialisti.

«Fu dopo il comizio - si legge negli atti dell'inchiesta di polizia - che una comitiva radunatasi davanti all'abitazione del Regio Console d'Italia e che strappavano lo stemma facendolo ruzzolare e lo gettavano nel lago». Questa volta il rapporto di polizia ci suona, nella forma, più familiare di quelli letti nei giorni scorsi.

La «violenta asportazione» dello stemma consolare italiano diventa oggetto di una lunga inchiesta, in cui vengono interrogati agenti di polizia e partecipanti alla manifestazione. Alla fine, il procuratore pubblico accusa direttamente dell'atto due persone e attribuisce una responsabilità, seppur minore, agli oratori della manifestazione, «che parlando al comizio in forma più o meno violenta e incendiaria, ma sempre aggressiva verso il Governo del vicino Regno, la sua polizia, esercito ecc. eccitarono gli animi al punto da esorbitare». Per tutti, responsabili diretti e indiretti, il procuratorepropone l'espulsione in base all'articolo 70 della Costituzione federale.

Infine aggiunge, riferendosi ad altre persone:

Una pari misura appare secondo noi perfettamente giustificata, se non dallo speciale punto di vista della dimostrazione contro il Consolato (alla quale negano di aver preso parte senza ci sia dato di provare in modo assoluto il contrario) sicuramente dalla necessità di liberare il paese da elementi per nostro e comune avviso continuamente pericolosi per l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza, anche ai nominati Arganini, Rossi, Vigotti, Masini, Aiani, anarchici o anarcoidi, tutti cittadini italiani come i precedenti. 

E il 7 ottobre del 1904 tutti quanti vengono colpiti da decreto di espulsione: il Consiglio federale asseconda la proposta del procuratore pubblico di «liberare il paese» da questi elementi.

Il gruppo deve seguire, quasi dieci anni dopo, il destino di Pietro Gori e dei suoi compagni. La celebre canzone scritta da Gori può allora suggellare anche la vicenda di questi anarchici meno famosi: Cesare Barenghi di Milano, il fonditore Baggioli di Milano, il pittore Fanfani di Firenze, il negoziante Arganini di Calcinaia, il pittore Rossi di Città di Castello, il gazista Vigotti di Milano, il pasticcere Masini di Bologna, il muratore Ajani di Milano. Due di loro, Barenghi e Baggioli, sono espulsi per aver staccato dalla sua sede uno stemma consolare italiano, gli altri sono «scacciati senza colpa». A cento anni da quell'avvenimento, la repubblica borghese può davvero, come dice la canzone, averne vergogna.

(«Addio Lugano bella» – tutta)

 

Testo di riferimento:

Danilo Baratti e Patrizia Candolfi, «Anonimi compagni». Anarchici italiani in Svizzera tra Otto e Novecento, in Gli italiani in Svizzera. Un secolo di emigrazione, a cura di Ernst Halter, Casagrande, Bellinzona 2004, pp. 136-146 (uscito prima in tedesco: «Anonyme Genossen». Italienische Anarchisten im späten 19. und frühen 20. Jahrhundert in der Schweiz, in Das Jahrhundert der Italiener in der Schweiz, a cura di Ernst Halter, Offizin, Zürich 2003).

 

Per scaricare il pdf dell'articolo: Scarica Sorvegliati speciali

anarchici, 2003, radio, zolle

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