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Città modello? Di arroganza, questo sì (2012)

Considerazioni sull’indirizzo politico della Città (con reazione polemica di un socialista luganese)

Modello Lugano?

Due articoli apparsi sul «Corriere del Ticino» hanno attirato la mia attenzione: l’opinione di Raoul Ghisletta del 18 giugno («Le scelte di Lugano di fonte alla crisi») e l’articolo di Claudio Meier del 22 giugno, che riprende la (non)risposta del Municipio alle ultime interrogazioni della consigliera comunale verde Melitta Jalkanen e queste parole del sindaco: «possiamo rispondere quello che vogliamo, piaccia o non piaccia. Non possiamo continuare a rispondere a domande sciocche. La politica è un’altra cosa. È quella delle domande serie».

A colpirmi, nell’intervento di Ghisletta, non sono le conclusioni, su cui posso essere d’accordo, bensì alcuni passaggi intermedi: «la Città di Lugano fa molto per gestire adeguatamente il suo territorio (...): vedi i numerosi lavori per migliorare la mobilità e renderla sostenibile (...)». E ancora: «Proseguono pure gli importanti lavori per fare di Lugano una città dell’energia», «il Modello Lugano funziona e dovrà essere difeso anche in futuro». Ognuna di queste affermazioni mi lascia allibito (mentre le riterrei del tutto naturali se dette dal sindaco o da qualche suo correligionario). Che il Municipio di Lugano si affanni per rendere sostenibile la mobilità e diventare «città dell’energia» sembra una doppia barzelletta. Basterebbe ricordare che, tramite una politica dei parcheggi che resiste quanto può alle imposizioni federali, si continua ad attirare il traffico in centro. Quanto agli «importanti lavori» ci sarebbe solo da ridere. I Verdi hanno chiesto già otto anni fa qualche passo concreto per ottenere quel marchio, traguardo non inarrivabile, se pensiamo che l’hanno raggiunto Mendrisio e Locarno: finora nulla.

Forse è l’altra faccenda, quella relativa alla decisione di non rispondere alle interrogazioni della Consigliera comunale verde, a costituire la vera natura del «modello Lugano», che si fonda su una sorta di potere assoluto del suo sindaco-architetto. Che se vuole risponde, se non vuole no, in barba ai regolamenti comunali. Che semmai risponde, positivamente, a se stesso, quando da architetto chiede al Municipio un permesso di costruzione, ma non a chi si permette di chiedere cose banali come queste: perché il Municipio quando organizza ritrovi e festeggiamenti non promuove il trasporto pubblico e insiste invece sui «posteggi a disposizione»? Si preferiscono, in queste occasioni, i prodotti locali? Oppure: perché il Comune non dà il buon esempio offrendo nelle occasioni pubbliche buona acqua di rubinetto (oltretutto risparmiando) invece di acqua in bottiglia che ha percorso centinaia di chilometri? Non si tratta certo degli atti parlamentari più importanti dei deputati verdi, ma se anche la loro azione si riducesse a domande puntuali di questo tipo, vi sono ragioni di principio che rendono inaccettabile l’arroganza del Municipio (e su questo si sono già lette limpide prese di posizione, come quella del capogruppo socialista Martino Rossi: CdT, 23 giugno). Nel caso specifico si potrebbe aggiungere un dato più personale: la signora Jalkanen usa regolarmente i mezzi pubblici e quando cura l’organizzazione di qualche «evento» politico (è molto attiva anche in questo, non solo nel porre domande fastidiose) offre prodotti locali e pure acqua di rubinetto. Perché anche nelle piccole scelte si colgono la consapevolezza politica (economica, sociale, ambientale) e il desiderio di cambiamento di una persona o di una città. Quella consapevolezza che Lugano non ha e quella svolta che non vuole nemmeno vedere. Le domande sulle piccole cose sono in sintonia col discorso di fondo dei Verdi che chiedono alla Città di ridurre la propria impronta ecologica e di dotarsi di uno strumento che permetta di verificare l’attuazione di questa politica (per esempio il bilancio ambientale): è proprio per la mancanza di questo indirizzo che i Verdi non votano preventivi e consuntivi. Le domande impertinenti della signora Jalkanen sono quindi atti politici quanto la benevola opinione di Raoul Ghisletta o le arroganti dichiarazioni del sindaco.

Danilo Baratti, Soragno

(Città modello? Di arroganza, questo sì, «Corriere del Ticino», 4 luglio 2012, p. 9)

 

Abbaglio canicolare (lettera al «Caffè», non pubblicata)

Una mia opinione apparsa il 4 luglio sul Corriere del Ticino è stata letta da Sergio Roic, sull’ultimo numero del Caffè, come la prima bordata pre-elettorale dei Verdi contro i socialisti luganesi. Questo perché ho criticato alcune affermazioni di Raoul Ghisletta. Roic si guarda bene dallo spiegare quali fossero i temi in questione. Dovrò rifarlo io. Ghisletta aveva magnificato in un precedente articolo il «Modello Lugano» anche per «gli importanti lavori per fare di Lugano una città dell’energia» e per «i numerosi lavori per migliorare la mobilità e per renderla sostenibile». Ovvio che condannassi queste affermazioni, visto che i Verdi lamentano proprio la particolare resistenza della città a muoversi veramente in quella direzione. Ma il tema principale non era nemmeno questo: da quello spunto passavo, sull’onda dell’attualità politica comunale, a individuare altrove l’essenza del presunto «Modello Lugano»: nel potere straripante del sindaco, che pochi giorni prima era giunto a rifiutare, con plateale tracotanza, di rispondere a interpellanze che andavano proprio nella direzione della sostenibilità. Il nocciolo del discorso del resto è evidente nel titolo scelto dal giornale: «Città modello? Di arroganza, questo sì».

Di tutto questo, il lettore del commento di Roic non percepisce nemmeno la vaga ombra. Semplicemente, io avrei «aperto le ostilità», mostrando al mondo la fragilità della «tanto agognata ‘pace’ tra i Verdi ticinesi e il Ps cantonale». Ecco poi l’appello, richiamato nel titolo: «verdi e socialisti si uniscano per l’ambiente del Luganese».

Il suo scritto, apparso nella rubrica «L’analisi», prende lucciole per lanterne e si rivela piuttosto contraddittorio proprio nell’analisi. Quanto alle lucciole: io ho criticato, e piuttosto duramente, l’atteggiamento dell’esecutivo luganese senza pensare minimamente alle prossime elezioni. Leggendo in quel modo le mie intenzioni, travisando il senso dell’articolo, è Roic a guardare la realtà con la lente elettoralistica: chiuso in questa angusta gabbia analitica, non si è accorto che in realtà stava vedendo l’immagine riflessa di sé. Se invece veniamo ai contenuti del mio proditorio attacco al socialismo luganese, che a Roic non sono interessati granché, possiamo avere un quadro un po’ più chiaro: ho criticato affermazioni di Raoul Ghisletta badando bene a non identificare le sue posizioni con quelle del Ps (già dimenticata la storia del carbone?) e ho ricordato, in un altro passaggio, la «limpida presa di posizione» del capogruppo socialista, Martino Rossi, sul tema che era al centro dell’intervento: l’atteggiamento del Municipio di Lugano. Attacco pre-elettorale anche questo? (Va comunque detto che se tutto il partito condividesse la lode ghislettiana dell’impegno ambientale della città, non vedo su che terreno comune si potrebbe lavorare).

E poi, e per chiudere, chi lancerebbe mai il primo botto di una campagna elettorale a inizio luglio, in piena estate, con tutti in vacanza? Beh, Sergio Roic l’ha fatto. Per questo può crederlo.

Danilo Baratti, Soragno

 

CorrieredelTicino, improntaecologica, 2012, IlCaffè

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