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Minchione o nazista (2014)

«cos'è più offensivo, minchione o nazista? ok, minchione è una parolaccia, nazista no. ma se vuoi veramente offendere, far male, distruggere nazista è molto, ma molto meglio.
a volte un linguaggio corretto può nascondere intenzioni veramente volgari. Questo signore, con un linguaggio più che corretto - anzi sono sicura che è il genere di persona che ci piazza pure vocaboli ricercati per far notare che il più intelligente è lui - non ha esitato a manipolare i suoi allievi per fini propagandistici. Non ha dimostrato neppure un'oncia di rispetto neppure per questi ragazzi».

Sono parole scritte da una certa Cristina, tratte dal fiume di commenti apparsi sul blog di Sergio Savoia in relazione all’articolo che avevo scritto sull’ultimo numero di «Verifiche»[1]. Eh sì: il signore irrispettoso dalle intenzioni volgari che avrebbe manipolato i suoi allievi per fini propagandistici, utilizzando per giunta vocaboli ricercati, sono io.

In teoria basterebbe dire a questa Cristina, e a chiunque altro, di darsi la pena di leggere l’articolo. Cosa che evidentemente non ha mai fatto. Ma non è così semplice. Non solo non basta, ma probabilmente è anche inutile. Gli attacchi usciti (e ancora visibili, forse da qui all’eternità) su mattinonline e sul blog di Savoia[2] meritano tuttavia di essere rapidamente ripresi perché non costituiscono soltanto una sgradevole (anche se immaginabile) conseguenza dell’articolo, ma in qualche modo ne rafforzano il discorso, fornendo ulteriori materiali sul clima populistico di cui parlavo.

Prima di riparlare di Savoia, almeno due parole su quanto è apparso su mattinonline: l’11 aprile un breve testo intitolato «Candidato dei verdi paragona le campagne di Savoia a quelle dei nazisti» cita qualche passaggio dell’articolo e riprende una mia fotografia, presa dal sito dei verdi, in cui indosso un copricapo africano[3]. I commenti sono di questo tipo:

«Visto così mi sembra un pakistano, molto vicino alla mentalità Talebana! È come un’anguria... verde di fuori e rosso dentro, ma talebano resta!»;

«Docente, eh? Bene, i nostri figli sono in ottime mani!
Accuse nei confronti di Savoia a dir poco deliranti!»;

«azz...te pareva se non sono o Docenti o parastatali sti $ocialistoni... paga sicura, in ferie per 6 mesi e via dicendo... P.f. fateci una lista di questi pachistani cannaioli al soldo del contribuente ticinese»[4].

Il giorno dopo esce sul blog di Savoia il testo di un certo Mattia, così introdotto dall’eroe del popolo:

«Ricevo e pubblico questo contributo da uno dei nostri lettori e più assidui commentatori. Riguarda un articolo pubblicato da un docente luganese nel mensile "Verifiche" intitolato "Divagazioni didattiche intorno a due scritti di Sergio Savoia". Nell'articolo Baratti opera una serie di accostamenti tra un mio scritto uscito sul CdT e un altro uscito sul blog, cercando di dimostrare che io sarei un pericoloso populista ma lasciando planare, come dicono i francesi, il dubbio che la mia "propaganda" sia in qualche maniera paragonabile a quella del periodo nazista e fascista. Nella bibliografia figura, ad esempio, "Mein Kampf" di Hitler. Libro che io non ho mai letto ma Baratti evidentemente sì».

 Quanto a Mattia, ecco il passaggio centrale:

«La seconda considerazione è che se Sergio è un nazista e il suo blog l’organo ufficiale di divulgazione di questa ideologia, allora noi che lo seguiamo, che commentiamo e che di tanto in tanto lasciamo qualche contributo, siamo nazisti pure noi? Senti un po’, Danilo Baratti: al di là del fatto che non sono felicissimo di farmi dare del né nazista, né del simpatizzante, voglio proprio vederti quando ti giustifichi davanti ad esempio a Bruno Cereghetti, che ha scritto su questo blog, a Giorgio Fonio e Jessica Bottinelli, o a Pietro Righetti, Fabio Guarnieri, Franco Denti, Orio Galli... Devo continuare? Perché questi erano i filonazi che hanno scritto qui solo nelle ultime tre settimane...

No, ma dico, sei un docente di storia al liceo e il tuo zoom è grande quanto la penna di Savoia? Non ti hanno insegnato all’uni che per capire la storia devi avere una visione molto ampia e oggettiva? Ma sinceramente sono preoccupato perché tu queste cose le racconti ai tuoi studenti del liceo, che assolutamente non se lo meritano». 

Ed ecco partire i commenti, di questo tipo:

«grandissima minchiata detta da un vero minchione... e ci sarebbe da farci una risata se questo Baratti non fosse un docente di storia al liceo! Subito un ispettore che verifichi i contenuti del suo insegnamento!» (un certo Skuner)

«Ormai non scandalizza più nemmeno il fatto che questo Barattolo ammetta candidamente e senza ritegno di aver "insegnato" in una classe di liceo questo tipo di minchialezione. Lautamente pagato si permette, probabilmente dall'unico punto di forza della sua vita ossia la posizione di "prof" di sparare minchiate di tale spessore. Speriamo che almeno in classe si tolga quella papalina di talebano ambasciatore predestinato agli affari esteri In Ticino»  (un certo Falco).

«Baratti chi? A parte l'ironia, reputo questo personaggio un intellettuale, fallito e senza argomenti.
Con della gente così, non ci resta altro che stendere un velo pietoso...»  (un certo Roby).

Dopo di che interviene Savoia con questa perla:

«Vi chiedo di esprimere il vostro parere senza insultare Baratti, primo perché non si deve, secondo perché penso che siamo tutti capaci di argomentare civilmente senza usare sistemi come quello usato da Baratti medesimo. Vi chiedo perciò cortesemente di modificare i vostri post "purgandoli" degli apprezzamenti personali. Vi assicuro che anch'io mi sono arrabbiato non poco a sentirmi paragonare a Goebbels. Ma proprio per questo dimostriamo a lui e agli altri che questo blog è un posto di confronto civile».

Poi i commenti riprendono, con altre sparate come quella di Cristina citata in apertura o quest’altra, ancora di Roby:

«Ovviamente la scuola, con a capo i sinistroidi, non fa una piega e non interviene contro questo personaggio. Chissà i discorsi comunisti che farà in classe! E inoltre quest'ultimo riceverà una paga altissima, per sfogarsi contro Sergio, anziché svolgere il suo lavoro che è quello di fare l’insegnante».

Può bastare. Non è che riprendendo questi frammenti mi voglia mettere al centro del mondo, voglio invece alzare un momento il chiusino e guardare la schiuma nerastra e vischiosa che ci scorre sotto i nostri piedi, portare l’attenzione su una parte di mondo che forse i lettori di questa rivista non conoscono. Ma questo linciaggio virtuale nei miei confronti, poi esteso in generale alla scuola, mi spinge anche ad aggiungere alcune osservazioni (rapide e forse ovvie).

1. Perfida perseveranza

Di tutte le persone che si sono espresse, Savoia è l’unico che abbia letto davvero l’articolo (e non dubito che l’abbia anche capito) eppure non corregge i due errori su cui si costruisce tutta la polemica: io avrei dato a Savoia del nazista[5] e avrei fatto ai miei studenti una lezione su questo tema[6]. La qual cosa da un lato evidenzia quanto possa essere perfido il personaggio e dall’altro conferma quanto scrivevo nel famoso articolo: «Savoia non entra nel merito dell’argomentazione, e rovescia semplicemente la realtà (...) senza affrontare, se non tentando di ridicolizzarli, gli argomenti dell’avversario. Questo lo fa particolarmente in quello spazio che lo mette più direttamente in contatto con i “suoi” lettori: il blog»[7]. Il mio discorso, argomentato e documentato, sulle forme populistiche del suo agire politico non esiste: meglio ridurre all’elementare e mistificare dicendo (lasciando dire) che gli ho dato del nazista. Così è tutto più facile. E popolare.

2. I soliti docenti

Dai commenti emerge un già noto livore contro i docenti (per definizione di sinistra, specie noi di storia), livore che qui raggiunge livelli di astio particolarmente alti (e particolarmente bassi per quanto riguarda tutto il resto). Io ho solo quarte, sono a fine carriera e non mi curo più di tanto di sproloqui di questo tipo. Se però questi attacchi avessero investito qualcun altro, magari con allievi di prima o seconda, e quindi con l’intervento di qualche genitore, potevano crearsi situazioni veramente sgradevoli. Alla fine chiarite, in quanto evidentemente «il fatto non sussiste», ma comunque brutte storie. Magari con conseguenze di lungo periodo, professionalmente fastidiose e psicologicamente destabilizzanti. Eppure il gran maestro lascia la briglia sciolta ai suoi fans, anzi li aizza fingendo di moderarli, pur sapendo che raccolgono e moltiplicano menzogne. Non solo, ma qualche giorno dopo scrive: «io che sono notoriamente un minaccioso populista sulla cui pericolosità sociale si fanno anche “divagazioni didattiche nelle scuole” (vedi articoli sotto)...»[8]. Peccato che non ci sia stata un’interpellanza parlamentare sulla propaganda comunista del minchione talebano che usa il suo lauto stipendio per sparare contro l’eroe del Popolo: qualcuno avrebbe dovuto fare i conti con la propria leggerezza.

3. Endogamia[9]

Non sono un frequentatore di blog, non intendo quindi fare un discorso generale su questa forma di comunicazione, e del resto non dubito che lo strumento possa essere generatore di stimolanti comunità virtuali, o community, come usa dire. Questa piccola antologia fa però emergere la natura inquietante che possono assumere questi luoghi: tribune anonime in cui ognuno può facilmente sparare, senza alcun filtro (tolto l’incivile invito ad «argomentare civilmente»), qualsiasi cosa, qualsiasi cazzata, e dove gli interventi producono un effetto prevalentemente di amplificazione, quasi mai di correzione. Resta l’incognita sull’effetto politico che questa forma di comunicazione-propaganda può avere. Da un lato il blog di Savoia è molto seguito. Proprio mentre scrivo queste righe (10 maggio) ha superato le 30 mila visualizzazioni (tra cui, va detto, una quindicina di mie incursioni di controllo) e più di 33 mila utenti singoli. Il blogger ne è ovviamente felice[10]. Dall’altro mi sembra un blog fondamentalmente endogamico: i partecipanti attivi, con contributi o commenti, si riducono a uno sparuto gruppo di fedelissimi. Misureremo tutti fra un anno, Savoia e noi curiosi, la reale portata (elettorale) di questa iniziativa. La portata in fatto di crescita culturale (politica e generale) forse possiamo già valutarla adesso.

4. Che fare?

Un amico ha scritto a mia moglie:

«ho letto ieri sera lo scritto di Danilo su Verifiche e ho pascolato nel blog di Savoia che mi hai segnalato. A inizio degli anni ’70 (ovviamente secolo scorso) avevo letto un libro straordinariamente chiaro ma altrettanto enigmatico. “Come si diventa nazisti: storia di una piccola città 1930-1935” di William S. Allen, storico americano, se non ricordo male. Chiarissime mi erano parse le sventurate misture di nazionalismo, inattitudine, ambientalismo, razzismo, populismo che dal calderone democratico avevano (de)generato in quella città la nube dei vapori incontrollabili della dittatura nazista. Pur non seguendo da vicino la politica domestica, quel che percepisco da parecchi anni quale semplice abitante mi restituisce spesso il brivido di quella lettura. Sì, un brivido, sia per le apparenti affinità sia, e più ancora, per il lato oscuro e enigmatico del libro di Allen, che di certo non indica come il sistema democratico potrebbe evitare il ripetersi di cammini analoghi. Anzi, si dice scettico sulla facoltà di scoprire rimedi.  In questo senso, la lettura di parecchie delle frasi presenti nel blog mi fa accapponare la pelle. Ci risiamo? Mi piacerebbe sapere quel che non dice Allen: come far capire alla ‘gente’ quali rischi ha davanti? Ma non ne ho idea. Ma temo che creare una maggioranza in democrazia può essere infinitamente più facile che capire o far capire. Anche se è una maggioranza antidemocratica».

Chi legge superficialmente queste righe potrà nuovamente ridurre le «apparenti affinità» a una rozza equivalenza, ricominciando da capo. Che dire agli altri? A quelli che sono preoccupati per il clima? Per questo stato di cose? Che di fronte al discorso populista aggressivo e semplificatore addurre ragioni articolate è spesso vano: perdente, se si vuol metterla in questi termini (che non sono i miei). Possiamo almeno continuare a coltivare la riflessione dentro di noi, come fa l’amico che aveva letto Allen e che non ha smesso di sentire i brividi e di interpretarli, anche nel silenzio. Avere gli anticorpi. Rafforzarli.

(Minchione o nazista?, «Verifiche», n. 3, giugno 2014, pp. 5-7)

Nota (2020): S. Savoia ha oscurato il suo sito subito dopo la sua assunzione alla RSI, ragion per cui il link qui citato non porta più a nulla. Buon per lui, perché c’era anche di peggio.

 

[1]  «Interferenze: divagazioni didattiche intorno a due scritti di Sergio Savoia», pp. 4-10.

[2] Per chi proprio li vuol vedere [aggiunta 2023: lascio la nota ma i link non funzionano più]:

http://www.mattinonline.ch/candidato-dei-verdi-paragona-le-campagne-di-savoia-a-quelle-dei-nazisti/

http://blog.savoia.ch/2014/04/passepartout-di-mattia-il-blog-del.html#

[3] La fotografia ha una sua piccola storia. In sintesi: era una sorta di resistenza in immagini contro Savoia che teorizzava la necessità di superare il cliché (del resto inesistente) del verde tutto tofu e birkenstock. In più, mi ricordo, quel giorno ero febbricitante.

[4] Ma c’è anche un commento più carino : «Deprimente questo nonnino balcanico». L’epiteto è stato adottato e in casa nostra sono ormai il «nonnino balcanico».

[5] «Ovviamente non ho parlato di questo a scuola (avrei forse dovuto?)» (p. 4).

[6] «Fascista, camicia nera e nazista sono indubbiamente fuori posto. Dello squadrismo c’è tutt’al più qualche timida avvisaglia. Savoia non è neppure xenofobo. (...) È un populista. Punto» (p. 9).

[7] Sempre lì, p. 7).

[8] Blog del Savoia, 14 aprile. Si noti l’uso delle virgolette, che dà certezza alla falsità.

[9] Cristina penserà che ho scelto questo vocabolo ricercato per mostrare che sono il più intelligente.

[10] «Ci tengo a ringraziarvi (...) la mia promessa è quella di raddoppiare gli sforzi per fare quello che il blog ha sempre cercato di fare dal primo giorno: dirla tutta, chiara e semplice. Pane al pane, politicamente scorretto».

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